Ogni martedì, giovedì e sabato nel tardo pomeriggio nei vicoli del centro storico della città, la vita si ferma per alcuni minuti in attesa di un evento che a Napoli è importantissimo: l'estrazione dei numeri del lotto. Nell'androne del palazzo del lotto e lotterie dell'Intendenza di Finanza in via Grande Archivio nel decumano inferiore si raduna una folla di giocatori. Urla, bestemmie, riti scaramantici. Centinaia di persone aspettano che il banditore cominci le operazioni per l'estrazione. Adulti, bambini, popolane, professionisti.
Ognuno con in mano i biglietti giocati. Il clou quando il banditore affida nelle mani del fanciullo bendato i numeri da infilare nell'urna. Chi invoca San Gennaro chi grida i suoi numeri.
Per i napoletani il gioco del lotto è un rito, basta un sogno, una nascita, un evento tragicomico per correre al botteghino e puntare su un ambo che paga 250 volte la posta oppure sul terno che paga 4250; per la quaterna 80.000 volte la posta; un milione di volte si vince sulla cinquina.
La voce più accreditata afferma che il gioco del lotto è nato a Genova, dove tal Benedetto Gentile nella metà del XVI secolo inventò il "seminario di Genova" o "Gioco del seminario"; gli storici però non hanno mai ritenuto quel genovese il "vero padre" del più appassionante e antico gioco capace di dare tormenti, illusioni e poche gioie.
In realtà furono i fiorentini nel 1530 a dare origine al gioco del lotto. Inizialmente era una tassa che veniva riscossa, obbligando i cittadini più facoltosi all'acquisto di polizze sulle quali erano indicati come premi panni, drappi, terreni che lo stato toglieva ai proprietari con requisizioni e confische.
A Genova negli anni successivi al 1600 gli ambi e i terni si vincevano una volta l'anno puntando sull'estrazione dei senatori e dei magistrati di quella Repubblica, ma tale lotteria ebbe vita breve. Il gioco, venne legalizzato nel 700 e due secoli dopo cominciò ad avere un enorme successo. Per i napoletani fu da subito una vera mania, come scrisse Matilde Serao alla fine dell' ottocento.
Sul gioco più popolare che si conosca si raccontano gustose storielle. Il 7 novembre del 1782 sulla ruota di Napoli uscivano: Rosa Vistarda, Anna Cama, Maria Maddalena Avigni, Giuseppa Arda e Saveria Chierchiana. Si trattava di cinque "povere zitelle" che per "maritarsi" concorrevano alla "dota maritale" che elargiva il lotto. Il gioco, allora era una istituzione benefica per cui era anche chiamato "il gioco delle zitelle". A quelle cinque fanciulle vennero assegnati i numeri cabalistici 31, 73, 86, 51 e 59 e furono appunto quelli che risultarono estratti quel famoso sabato di oltre due secoli fa. Infatti ad ognuna delle novanta candidate veniva assegnato un numero da 1 a 90 e di tutti i "nominativi numerici" imbussolati se ne estraevano, come oggi, cinque.
Alle sorteggiate il lotto elargiva 25 ducati una cifra considerevole per le spese del matrimonio. Ebbene, quella cinquina da quella data, ha "generato" una quantità di terni. Tutti i napoletani che non sanno leggere conoscono la smorfia a memoria e ne fanno ricorso per qualunque sogno o cosa della vita reale. La smorfia è il testo sacro del lotto, presente in ogni ricevitoria, in cui sono elencate in ordine alfabetico 60.000 voci ognuna associata a un numero. Il libro pubblicato per la prima volta nell'800, viene continuamente aggiornato per poter interpretare anche i sogni più moderni.