C'è chi vive "guardando" l'ombrello
L'arte di arrangiarsi, è risaputo, è nata a Napoli. Ogni settimana, da sempre, un esercito di senza-lavoro-fisso si sveglia di buonora e, deciso a racimolare un pò di soldi per mangiare e quindi per sopravvivere, si inventa un mestiere, dal più umile al più ingegnoso.
Un tempo i giornalisti scesi dal Nord, quando ancora non si scriveva soltanto di camorra, si sbizzarrivano a raccontare dei personaggi che per sbarcare il lunario affittavano gobbi da far apparire, "casualmente", davanti al portone di casa di commercianti e affaristi, i quali erano convinti che l'incontro con l'ometto ricurvo portasse fortuna, e di altri che si guadagnavano da vivere catturando topi nei caseggiati affollati del centro storico; secondo la poco verosimile storia, costoro sarebbero stati compensati contando le code dei ratti uccisi. Di certo molte cose di Napoli vengono amplificate e colorite, ma è innegabile la "partenofantasia".
Nei pressi della Pretura e del Tribunale ci sono sempre nugoli di persone pronte a testimoniare, per poche migliaia di lire, di fatti a loro sconosciuti; e c'è, all'ingresso della Corte di Assise, il "guarda-ombrello", l'ometto che custodisce borse e ombrelli di coloro che assistono a processi importanti. Si racconta di un uomo di mezza età che, a furia di farsi sfiorare dalle automobili e gettarsi a terra per ottenere un risarcimento danni, una volta sbagliò e ci restò secco, schiacciato da una macchina in via Foria, nei pressi del Museo Nazionale. Molti di questi episodi sono documentati e raccontati in romanzi e commedie di autori famosi.
E' facile, e c'è del vero, parlare della fantasia partenopea: è un luogo comune che resiste al succedersi delle generazioni. C'è anche, però, da notare l'istintiva capacità dei napoletani di mettersi sempre al passo coi tempi. In questa città dove non si rispetta il rosso dei semafori e l'obbligo del casco per i motociclisti, si è anche inventata la maglietta con sopra disegnata la cintura di sicurezza per ingannare i vigili urbani intrappolati nel traffico; e le magliette andarono a ruba.
Mestieri come l'arrotino, l'impagliasedie, il ciabattino, la pettinatrice che si recava a servire le clienti fuori dai "bassi", resistono solo in vecchie stampe e nelle fotografie di Alinari. Se ne sono invece inventati molti altri, di mestieri, alcuni al limite del lecito.
Come quello dei posteggiatori abusivi che nei pressi dello stadio San Paolo pretendono dalle cinque alle diecimila lire per la custodia di un'automobile e cinque minuti prima del fischio dell'arbitro abbandonano il posto di lavoro e corrono a godersi la partita. C'è poi chi raccoglie cartoni, ferro, piombo o rame; chi pulisce i vetri di negozi; e i suonatori che di sera si presentano in abito scuro nei ristoranti e davanti agli chalets di Mergellina; i Pulcinella che fanno da imbonitori per i nuovi negozi.
In questo mini-panorama dei mille mestieri di Napoli non possono mancare gli "artisti"; cantanti, presentatori, comici. Si ritrovano nella Galleria Umberto I, il salotto della città. Smessi il berretto bianco e gli abiti da lavoro, parcheggiatori abusivi, imbianchini e idraulici stanno in attesa di una chiamata per una festa di piazza, un battesimo, una prima comunione, un matrimonio. Per poter partecipare a un banchetto bisogna avere doti canore e "verve" comica; cosi si corona il sogno di una vita magra ma molto colorita.