Ville Vesuviane

Splendore e decadenza
del "Miglio d'oro"
121 ville da salvare

      Sono trascorsi due secoli, da quando l'aristocrazia partenopea, per emulare Carlo di Borbone, che vantava la sua magnifica dimora estiva a Portici, cominciò a farsi costruire splendide ville lungo il tratto che da Napoli porta ad Ercolano e Pompei.

      Di queste centoventuno residenze, disseminate nella zona del "miglio d'oro", l'arteria cosi denominata per la felice disposizione tra verdeggianti pendici del Vesuvio e il mare, solo alcune, se si interviene in tempo si possono salvare.

      E' il caso di Villa Campolieto ad Ercolano. Comprende ben 186 vani, oltre al cortile, alle terrazze e al vastissimo parco che dopo anni di lavoro è stata restituita al suo splendore e oggi ospita incontri culturali, mostre d'arte, concerti, corsi della libera facoltà di scienze turistiche. Luigi Vanvitelli vi lavorò per dieci anni, alternandosi tra Ercolano e la Reggia di Caserta, la Versailles italiana.

      Tra gli altri edifici ripristinati ci sono Villa Letizia, Villa Bruno, Villa Ruggiero, Palazzo Vallelonga, Villa Prota, Villa del Cardinale, Villa Signorini, Villa Consiglio, Villa Maltese, Villa Meola, Collegio Landriani, Villa Tufarelli.

      Quando, nel 1977, l'Ente per le ville vesuviane ne acquisi la proprietà al patrimonio pubblico, Villa Campolieto cadeva a pezzi, nè più nè meno di altri capolavori settecenteschi, fantasmi di un'epoca e di una cultura che avevano collocato Napoli ai primissimi posti tra le città europee.

      Di queste 121 ville, una quarantina sono agibili; le rimanenti versano in condizioni disastrose, ridotte in monconi irriconoscibili e l'opera di ricostruzione è assai ardua.

      Tutti questi capolavori risalgono al 700-800 e portano le firme, oltre che del Vanvitelli, di Ferdinando Fuga, Domenico Vaccaro, del Sanfelice, del Nuclerio. I progetti furono ordinati dalla nobiltà feudale per i divertimenti aristocratici e le residenze fatte costruire con ostentata ricchezza.

      Per proteggere le abitazioni dalle bizze del vulcano, in quell'epoca molto attivo, furono eretti altarini e cappelle votive in onore di San Gennaro. Salvare il salvabile di questo enorme patrimonio di arte e di storia è l'obiettivo dei vari enti e organismi preposti alla tutela dei beni culturali. In prima linea l'Ente per le Ville Vesuviane, che operano con istituzioni scientifiche, col CNR, con l'Istituto di storia per la Magna Grecia, con l'Archeoclub, l'Associazione Italia Nostra.

      La comunita europea, informata del progetto si è detta disposta a sostenere il Governo Italiano nell'opera di recupero di questi capolavori architettonici per poi destinarli a centri culturali. In questi ultimi anni di boom edilizio sono stati abbattuti alberi centenari, prati interi, boschi che circondavano le costruzioni saccheggiate; deturpate le belle e antiche ville. Puttini, statue, marmi pregiati, cristalli di valore, infissi, ottoni sono scomparsi.

      Divelte le pareti decorate, le fontane. Gli appartamenti infine, occupati dai terremotati dell'80. Il degrado delle ville e dei palazzi vesuviani cominciò con l'esilio dei sovrani del Regno delle due Sicilie, ormai non più regno nè tanto meno stato autonomo. Molte ville furono abbandonate in una rapida successione di fitti, subaffitti e vendite per lotti.

      Salvare questi capolavori d'arte, significherebbe ridare decoro a questa zona alle falde del Vesuvio e costituire fantastici itinerari turistici.


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Napoli, 23/01/2013 ore: 14.47